Emorragie da piastrinopenia

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D.ssa Monica Poggiaspalla

La leucemia acuta mieloide, malattia ematologica sempre più nota e di forte impatto emotivo, è una patologia neo- plastica che deriva da una mutazione acquisita che si verifica ad un certo momento in una cellula progenitrice degli elementi del sangue circolanti, cosiddetta cellula staminale emopoietica multi potente, o in un progenitore leggermente più differenziato con caratteristiche della serie mieloide. Questa mutazione conferisce alla cellula leucemica delle caratteristiche tali che ne favoriscono la replicazione bloccandone la differenziazione, realizzando così una proliferazione rapida ed incontrollata di elementi immaturi – cosiddetti blasti – , tale da determinare una soppressione della differenziazione e proliferazione delle normali cellule emopoietiche. Ne consegue una ridotta produzione di eritrociti – anemia -, ridotta produzione di piastrine – piastrinopenia -, e di granulociti – neutropenia -, quadri che sono alla base delle mnifestazioni cliniche della leucemia. Tale patologia si osserva generalmente in età adulta con un inci- denza maggiore tra i 60 e 65 anni ed avendo un’incidenza di 2- 4 nuovi casi su 100.000 abitanti l’anno con un incremento fino a 13 muovi casi su 100.000 abitanti/anno al di sopra dei 60 anni.

Negli ultimi anni la ricerca in campo citogenetico e molecolare ha consentito di individuare numerose alterazioni cromosomiche e geni coinvolti nei meccanismi leukemogenici. Si sono così scoperti markers specifici di diverse LAM i quali hanno importanti implicazioni diagnostiche, prognostiche e terapeutiche. In particolare nota è ormai una forma di leucemia acuta mieloide – leucemia acuta promielocitica – che ha alla base una alterazione cromosomica specifica – la traslocazione 15;17 – e che si caratterizza per una buona percentuale di guarigione in oltre il 75% dei casi dopo trattamento di ossociazione con chemiorapico, acido retinoico ed arsenico. Nelle restanti forme di leucemia mieloide acuta, trattate con chemioterapia di induzione, del 40-45%, mentre tale percentuale resta notevolmente più bassa nei pazienti anziani – aggirandosi intorno al 10% -. Se da un lato il cardine della terapia resta come detto il trattamento chemioterapico fino alle ‘sofisticate’ e ‘delicate’ procedure allotrapiantologiche, non meno importante è cosiddetta terapia di supporto, ossia il trattamento dell’anemia con trasfusioni di globuli rossi concentrati, il trattamento e prevenzione delle complicanze infettive con profilassi e terapia antibiotica, antifungina, antivirale mirata ed il trattamento della piastrinopenia che è alla base di complicanze emorragi- che talora fatali. La ridotta produzione di piastrine, cosiddetta piastriopenia, comporta la comparsa di manifestazioni emorragiche a vari livelli e di diversa entità, quali petecchie, ecchimosi, epistassi, gengivorragie, emorragie retiniche con disturbi del visus, metrorragie e più raramente ematuria, sanguinamenti dal tubo digerente, eventi emorragici a livello del sistema nervoso centrale. Anche in un ambito più ristretto qual è la gestione della cosiddetta diatesi emorragica nel paziente piastrinopenico con leucemia acuta mieloide molto vivace e produttiva è stata la ricerca clinica nel corso degli anni. I pazienti piastrinopenici affetti da leucemia mieloide acuta in trattamento chemioterapico – esclusa la leucemia acuta promielocitica che pre- senta peculiari caratteristiche consolidamento, trapianto autologo o trapianto allo genico, la percentuale di sopravvivenza complessiva dei pazienti di età inferiore ai 60 anni, a 5 anni dalla diagnosi è eventuale che predispongono il paziente a complicamze sia tromboti- che che emorragiche a cui è necessario dedicare una trattazione specifica a sé stante in altra sede -, presentano un’incidenza di fatti emorragici significativi dal 20% al 32%.

Nei pazienti sottoposti a TMO allogenico questi raggiungono un’incidenza che va dal 30% al 58%. La piastrinopenia severa e prolungata, dovuta sia alla leucosi acuta che allo stesso tratamento chemioterapico è la principale causa di essi. La prima dimostrazione di una correlazione lineare tra manifestazioni emorragiche e conta piastrinica si deve ad uno studio storico risalente al 1962. Altri studi successivi evidenziarono che non si avevano sanguinamenti significativi fin- ché non si arrivava ad una conta mol- to bassa di piastrine. Storicamente venne adottato come limite per la trasfusione preventiva di piastrine la soglia di 20.000/mcl. Diversi studi clinici randomizzati di confronto fra una soglia di 20.000/mcl e 10.000/ mcl evidenziarono che quest’ultima non comportava un incremento di fatti emorragici maggiori. Tra questi studi citiamo l’importante lavoro del gruppo italiano GIMEMA che ha visto la partecipazione di 21 centri italiani coordinato da Rebulla, pubbicato nel 1996 sul New England Journal of Me- dicin – una delle più importanti riviste in campo medico -. Oltre alla piastrinopenia numerosi fattori concomi- tanti sono stati consideranti implicati nell’incrementare il rischio di sangui- namento quali: febbre, fatti infettivi e setticemie, farmaci compresi naturalmente trattamenti anticoagulanti, alterazioni della funzionalità piastrinica, alterazioni della coagulazione – quali la coagulazione intravasale disseminata -, iperleucocitosi, ipoalbuminemia, lesioni anatomiche, uremia, recente trapianto di midollo osseo, recenti emorragie, e basso valore di ematocrito. Uno studio pubblicato nel 2006 in particolare, che ha rianalizzato i dati dello studio GIMEMA, ha evidenziato che diatesi emorragiche modeste sono incrementate dalla presenza di febbre e ridotte dalla concomitante terapia antifungina, dall’incremento della conta piastrini- ca, dalla trasfusine recente di piastrine. Un sanguinamento significativo invece restava influenzato, incrementato, solo dalla febbre e ridotto dall’incremento della conta piastrinica. Infine per i sanguinamenti severi solo l’incremento della conta piastrinica ha mostrato di esercitare un’influenza nel senso di ridurre del 4% il rischi di sanguinamento per ogni incremento di piastrine di 1x10e9/mcl. Altra modalità studiata per ottenere una riduzione del consumo di trasfusioni piastriniche e quindi un loro uso più razionale è stato quello di provare a ridurre la dose di piastrine trasfuse con ogni sacca evidenziando in alcuni studi una uguale incidenza di eventi emorragici significativi per le diverse dosi di piastrine – piccole, intermedie, grandi – somministrate.

La trasfusione profilattica di piastrine resta lo standard di trattamento di pazienti con severa piastrinopenia tuttavia negli ultimi anni sono stati effettuati studi, di cui alcuni in corso, per valutare la strategia della trasfusione terapeutica di piastrine limitata ai casi di sanguinamento in atto. Uno studio multicen- trico randomizzato tedesco ha evi- denziato a tal proposito un mancato incremento di rischio di emorragie maggiori in pazienti sottoposto a trapianto di midollo autologo, presentando invece un incremento del rischio di fatti emorragici non fatali ma gravi nei pazienti con leucosi acuta sottoposti a chemioterapia. Una problematica da gestire infine insieme ai colleghi dei Centri Trasfusionali è quella della refrattarietà piastrinica, consistente in una ridetta resa della trasfusione piastrinica effettuata. La refrattarietà viene in particolare valutata con esecuzione di un emocromo ad 1 ora ed a 24 ore dalla infusine della sacca piastrinica che evidenzia un valore di Plt al di sotto di una certa soglia. Essa può essere dovuta a cause non immunologiche quali la presenza di febbre, sepsi, CID, splenomegalia, somministrazione di alcuni farmaci, tutte condizioni che aumentano il consumo piastrinico oppure a cause immunologiche per l’insorgere di una reazione immunologia – allo immunizzazione – verso antigeni leucocitari e piastrinici – antigeni HLA di classe I ed antigeni piastrino-specifici -. I pazienti refrattari vengono gestiti con il trattamento dell’eventuale situazione, complicanza, comportante la refrattarietà e dall’altro con trasfusioni di piastrine fresche e per le forme di alloimmunizzazione, mediante la trasfusione di PLT compatibili selezionate da donatori HLA-compatibili o almeno AB0 compatibili. 

Monica Poggiaspalla