La primavera si avvicina e vi invito, se fate una passeggiata, ad aprire bene gli occhi e a guardarvi intorno: vi capiterà di osservare che a volte nei campi, lungo i cigli di strade e fossi l’erba non sarà di quel bel colore verde tenero e brillante, ma di un colorito rosso-giallastro, quasi fosse bruciacchiata: è il segno che qualcuno ha pensato bene di diserbare chimicamente utilizzando con ogni probabilità un erbicida, il glifosate. Questa sostanza è utilizzata nelle colture legnose (vigneti, oliveti, frutteti, ecc…), nelle colture orticole e cerealicole, ecc, vivai, in aree industriali, sedi ferroviarie, argini di canali, fossi, addirittura anche in giardini privati e aree pubbliche quali parchi e scuole. In realtà alcune Direttive della Comunità Europea, riconoscendo la pericolosità dei pesticidi, hanno invitato i Governi ad un uso più responsabile dei prodotti fitosanitari e all’utilizzo di mezzi alternativi, come nel caso del controllo delle erbe infestanti.
Nelle aree extra agricole frequentate dalla popolazione, quali le aree urbane, le strade, le ferrovie, i giardini, le scuole, gli spazi ludici di pubblica frequentazione viene espressamente vietato l’utilizzo di una serie di pesticidi, pericolosi per la salute urbana, ed è ovvio che tutti i mezzi meccanici o manuali anche per contrastare le “erbacce” dovrebbero essere privilegiati, ma purtroppo così non è.
Cosa è il glifosate?
Il glifosate è l’erbicida più diffuso al mondo, brevettato dalla Monsanto Company leader mondiale nella produzione di alimenti OGM. Esso immobilizza nutrienti minerali essenziali per vari sistemi enzimatici in piante, ma anche in microorganismi e animali, rendendoli indisponibili per molte funzioni fisiologiche e a soffrirne è anche
la vita stessa dell’humus. Il glifosate fu immesso sul mercato con ampie rassicurazioni circa la sua totale innocuità, non solo per l’uomo, ma anche per gli altri esseri viventi e fu presentato come un composto immediatamente degradabile. Le cose purtroppo non stanno così!
Diffusione nel mondo
Attualmente il glifosate rappresenta il 25% del mercato mondiale degli erbicidi ed è il prodotto attualmente più venduto in Italia. Nella formulazione commerciale, al principio attivo (glifosate) è aggiunto un derivato degli idrocarburi che ne aumenta notevolmente la tossicità. Persone, piante e animali possono essere facilmente esposte a questa sostanza durante le applicazioni. Tutti gli habitat naturali terrestri e acquatici che si trovano nelle vicinanze dei campi irrorati possono essere danneggiati e contaminati dall’erbicida. I residui vengono frequentemente ritrovati negli alimenti e nell’ambiente ed è la sostanza (col suo metabolita AMPA) maggiormente diffusa nelle acque italiane come segnala il rapporto ISPRA, a chiara dimostrazione quindi che la sostanza non “sparisce” affatto come ampiamente reclamizzato.
Glifosate ed ambiente
Al di là quindi delle rassicurazioni fornite dal produttore il glifosate è una sostanza ad elevata tossicità ambientale in grado di alterare gli ecosistemi sia per i suoi nefasti effetti per il suolo, sia per il rischio di contaminazione delle acque superficiali e sotterranee che per le gravi alterazioni delle catene alimentari che determinano, influenzando negativamente le popolazioni di intere classi di organismi viventi. In sintesi i danni ambientali sono i seguenti:
- danni alle aree agricole: per alterazione della stabilità, struttura e funzionalità dei terreni, nonché perdita imponente di biodiversità;
- dissesto idrogeologico: l’uso del diserbo con glifosate, associato alla lavorazione meccanica “spinta” su grandi superfici, ha determinato la completa cancellazione di gran parte dell’idrografia minore. L’erosione ha determinato un grande trasporto di detrito verso valle, rendendo i fossi, non funzionali in quanto ostruiti. In questo modo nelle zone collinari ad elevata componente argillosa, come quelle romagnole, si è andata consolidando negli ultimi anni una pericolosa e diffusa condizione di dissesto idrogeologico;
- danni sul suolo: il glifosate, legando nutrienti vitali come ferro, manganese, zinco e boro nel terreno li rende indisponibili per le piante, alterando profondamente l’humus che è la base fondamentale della qualità e salubrità del terreno;
- danni alla fauna: evidenti danni sono stati registrati in Germania su diverse popolazioni di anfibi, lombrichi e, altre forme di vita sono profondamente alterate, comprese le api;
- danni alle aree urbanizzate: l’uso del glifosate nelle città, lungo le scarpate e i bordi stradali presenta varie controindicazioni ambientali e per la salute umana:
a) rischio per la salute dei passanti, dei bambini, degli animali da compagnia e della popolazione in genere causato dal contatto con la sostanza;
b) esposizione delle scarpate, dei bordi e dei fossi a fenomeni di erosione superficiale e di indebolimento strutturale (piccole frane e smottamenti);
c) rischio di contaminazione delle acque superficiali;
d) minore efficacia da parte della vegetazione in termini di assorbimento e abbattimento di gas e sostanze inquinanti;
e) impoverimento della biodiversità e della funzionalità ecologica degli ambiti naturali limitrofi e in corrispondenza a scarpate e a bordi stradali e nelle aree urbane.
Glifosate ed OGM
Il glifosate è “strategico” perché è coinvolto a livello mondiale anche nella produzione di organismi geneticamente modificati (OGM) quali mais, soia, colza che sono stati resi resistenti all’erbicida che si accumula nel prodotto finale. Soia, mais, colza OGM sono utilizzati come mangimi per animali, per cui sostanze come il glifosate entrano nella catena alimentare e si ritrovato in concentrazioni elevate sia nei liquidi biologici degli animali e delle persone che si alimentano della loro carne e dei prodotti derivati, con ulteriori potenziali rischi per la salute umana che saranno di seguito affrontati.
Glifosate e studi sperimentali
Numerosi studi già dagli anni ‘80 segnalano una importante tossicità da parte del glifosate per le cellule di mammiferi specie a livello epatico. Il glifosate è un noto interferente endocrino in quanto può interferire con la produzione di ormoni riproduttivi vitali, come progesterone, testosterone ed estrogeni. Il formulato commerciale (Round Up) è risultato dannoso a concentrazioni estremamente più basse di quelle raccomandate nell’utilizzo agronomico. Ricerche su ratti alimentati con varietà di mais Ogm K603, resistente a erbicida a base di glifosate, hanno mes- so in evidenza un elevato numero di tumori nella maggior parte dei gruppi testati, disfunzioni ormonali e diversi danni al fegato e ai reni.
Glifosate e salute umana
Gli esseri umani sono regolarmente esposti a piccole quantità di residui di glifosate in vari alimenti quali pane, cereali e legumi, carne e prodotti derivati provenienti da animali nutriti con alimenti geneticamente modificati. I sintomi in seguito ad esposizione a formulazioni a base di glifosate sono: occhi gonfi, intorpidimento del viso, bruciore e/o prurito della pelle, vesciche, rapida frequenza cardiaca, elevata pressione sanguigna, dolori al petto, congestione; tosse, mal di testa e nausea, più subdoli ma non per questo non meno importanti, sono le conseguenze derivanti dall’esposizione cronica a dosi piccole e ripetute nel tempo. Un recente lavoro dal titolo, “glifosate: percorsi alle moderne malattie: malattia celiaca ed intolleranza al glutine”, illustra come il glifosate possa alterare la permeabilità delle membrane cellulari, comportando a livello intestinale un aumentato rischio di celiachia ed intolleranza al glutine. In particolare l’alterazione del microbioma intestinale con deficit del Lactobacillus e favorisce la crescita eccessiva di agenti patogeni, producendo infiammazione, allergie alimentari, intolleranza al glutine, insufficienza epatica e pancreatica, carenza cronica di acido folico, rischio di anemia, osteoporosi, patologie neurodegenerative. Segnalata anche la possibile connessione fra endometriosi e consumo di alimenti geneticamente modificati e la segnalazione della possibile azione sinergica fra glifosate, metalli pesanti e durezza dell’acqua per l’epidemia di insufficienza renale che si registra nello Sri Lanka.
Glifosate e cancro
La IARC nel maggio del 2015 ha valutato il glifosate come 2A, ovvero “cancerogeno probabile” in particolare per l’insorgenza di linfomi non Hodgkin, confermando così quanto era emerso già dal 1999 da numerosi studi sia sperimentali che epidemiologici.
Conclusioni
È ormai assodato in modo inequivocabile che l’esposizione a pesticidi comporta non solo gravi ed irreversibili alterazioni a carico dell’ambiente, dei suoli, degli ecosistemi e di svariate forme di vita, ma si correla anche a gravi conseguenze sulla salute umana. In questo senso il glifosate rappresenta un esempio emblematico sia perché altera gravemente le caratteristiche del suolo, sia perché danneggia gli ecosistemi e rappresenta un rischio importante ed assolutamente evitabile per la salute umana. I pericoli sono concreti e già ad esempio la Regione Toscana ha vietato l’uso extra agri-
colo del glifosate: perché non seguire questo esempio per poi estenderlo anche alle aree agricole? Intanto tor- niamo a tagliare l’erba nei nostri spa- zi privati e facciamo in modo che la primavera torni ad essere la stagione in cui la natura e le tante forme di vita che l’accompagnano si risveglia- no: vogliamo vedere intorno a noi il verde dell’erba e i colori dei fiori e non giallastre strisce di morte.
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Patrizia Gentilini
patrizia.gentilini@villapacinotti.it